Accessibilità ai nominativi degli autori di segnalazioni alle pubbliche autorità

Con provvedimento numero 136/2022 in data 8 febbraio 2022, la seconda Sezione del TAR dell’Emilia Romagna, ha affrontato la questione relativa all’accessibilità ai nominativi degli autori di segnalazioni alle pubbliche autorità evidenziando la differenza tra la disciplina del diritto di accesso ex art.22 D.Lgs. n.241/1990 e la disciplina della protezione dei dati personali di cui al GDPR (effettua qui la ricerca: https://www.giustizia-amministrativa.it/web/guest/dcsnprr).
In breve, questi i fatti. Il ricorrente è un artista di strada nei confronti del quale sono state effettuate una serie di segnalazioni alla Polizia Municipale da parte di ignoti a causa del livello di onde sonore prodotte dal sassofono durante le sue esibizioni. Le segnalazioni, ed i conseguenti controlli da parte della Polizia locale avrebbero “arrecato un grave pregiudizio all’attività del medesimo, nonché alla sua salute psico-fisica”. Da qui la richiesta del ricorrente di far valere il proprio diritto di accesso agli atti amministrativi, di cui agli artt.22 ss. Della l. 8 agosto 1990, n.241, al fine di “ottenere visione ed estrarre copia di ogni segnalazione e dei verbali di intervento redatti a seguito delle segnalazioni” nei confronti del ricorrente, “al fine di individuare anche la persona autrice delle predette segnalazioni”, avendo l’amministrazione pervicacemente negato l’accesso ai nominativi degli autori delle segnalazioni.
Nella sentenza, il Tribunale conclude che la pretesa non è fondata, quanto alla richiesta di poter ottenere le generalità dei segnalanti. Infatti, il Collegio ritiene imprescindibile evidenziare il differente regime giuridico che l’ordinamento ha previsto per l’’accesso ai documenti amministrativi, disciplinato dagli artt.22 e ss. della legge 8 agosto 1990,n.241 rispetto a quello previsto per l’accesso ai dati personali, disciplinato dall’art.15 del GDPR (Regolamento Europeo in materia di trattamento dei dati personali, Reg. (CE) 27/04/2016, n. 2016/679/UE), consentito esclusivamente al soggetto al quale i dati si riferiscono, oltre che ai suoi eredi per ragioni familiari meritevoli di protezione.
Il nominativo dell’autore di una segnalazione, infatti, a rigore non costituisce un “atto amministrativo” ma , secondo la definizione contenuta nell’art.4, comma 1 lett.1) del GDPR un “dato personale”, che trova protezione giuridica di rango costituzionale nell’art.8 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (c.d. Carta di Nizza ), ratificata in Italia con legge 2 agosto 2008, n. 130, secondo cui “ognuno ha diritto alla protezione dei dati personali che lo riguardano”, dati che devono essere trattati “secondo il principio di lealtà, per finalità determinate e in base al consenso della persona interessata o a un altro fondamento legittimo previsto dalla legge”.
Nel caso di un’istanza di accesso ad una segnalazione occorre distinguere tra l’accessibilità al documento e l’accessibilità ai dati personali eventualmente nella stessa contenuti.
Il Collegio ha, pertanto, rilevato che l’art. 22 comma 7 L. n.241/90 se da un lato stabilisce che “deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici“, dall’altro non prevede il contemperamento delle esigenze dell’accesso con quelle della protezione dei dati personali c.d. “semplici”, ma esclusivamente dei dati sensibili e giudiziari, ai quali l’accesso è consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile e nei termini previsti dall’articolo 60 D.Lgs. n.196/2003, in caso di dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale (dati oggi disciplinati nell’art.9 del GDPR).
Ai sensi dell’art. 6 comma 1 GDPR il trattamento di questi dati è lecito solo se e nella misura in cui ricorre almeno una delle condizioni indicate nella norma tra cui “f) il trattamento è necessario per il perseguimento del legittimo interesse del titolare del trattamento o di terzi, a condizione che non prevalgano gli interessi o i diritti e le libertà fondamentali dell’interessato che richiedono la protezione dei dati personali, in particolare se l’interessato è un minore.” Questa disposizione non si applica al trattamento di dati effettuato dalle autorità pubbliche nell’esecuzione dei loro compiti.
Dal quadro normativo così delineato il Tar ha ritenuto che, nel caso di specie, l’istanza di accesso al dato personale del segnalante da parte del ricorrente non trova fondamento né nell’art.15 del GDPR, né nella legge n.241/90, in quanto non sussistono i presupposti di cui al citato art.6 GDPR.
Infatti, a parere del Tar, la “necessità” di avere accesso al nominativo del segnalante non si giustifica nell’esigenza di esperire eventuali azioni giudiziarie nei confronti dei soggetti ritenuti responsabili di aver intrapreso azioni finalizzate a molestare il ricorrente, in quanto gli interventi e i conseguenti verbali redatti nei confronti dell’esponente costituiscono il frutto dell’esercizio dell’attività della Polizia Municipale rispetto ai quali la “segnalazione” costituisce atto di mero impulso, rispetto alla quale è del tutto irrilevante il nominativo del segnalante (Consiglio di Stato n.1717/2021).
Inoltre il Tar ha ritenuto giustificato il diniego dell’ostensione del nominativo del segnalante in quanto la conoscenza dell’autore o degli autori dell’esposto non assume rilievo a fini difensivi, ma costituisce la mera soddisfazione di una curiosità, con pericolo di future ritorsioni (Cds, 01717/2021).
Alla luce delle suesposte considerazioni il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna (Sezione Seconda) ha respinto il ricorso in quanto manifestamente infondato.






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